È il ghiaccio più denso e puro che si può ottenere in natura: il caso di Arctic Ice, che fornisce a locali esclusivi negli Emirati Arabi Uniti il prezioso materiale per i capricci dei billionaire.

Per fare un cocktail ci vuole l’alcol, per fare l’alcol ci vuole l’acqua, per fare l’acqua ci vuole… un ghiacciaio. Tipo quello della Groenlandia, uno dei più grandi e attivi al mondo, nonostante il riscaldamento globale gli abbia fatto perdere in 40 anni una superficie ghiacciata pari a 5.000 chilometri quadrati, ovvero in media 43 miliardi di tonnellate all’anno, ovvero 30 milioni di tonnellate all’ora. E le previsioni per il prossimo futuro sono anche peggiori. Eppure, sempre in Groenlandia, è nata una società che prende ghiaccio purissimo, incontaminato, risalente a più o meno 100.000 anni fa, e lo spedisce attraverso un tragitto di 9.000 miglia marittime a Dubai, dove i billionaire se lo bevono nei cocktail senza troppi pensieri. La società si chiama Artic Ice e nel 2023 ha spedito il suo primo container di circa 22 tonnellate di ghiaccio della Groenlandia a Dubai per la vendita a bar e ristoranti di fascia alta. Fondata nel 2022 da due groenlandesi, Arctic Ice ha un modello di business interessante ma anche controverso. Con navi attrezzate, si aggira nel fiordo vicino alla capitale del Paese, Nuuk, alla ricerca di iceberg staccatisi naturalmente dalla calotta glaciale. “Stiamo cercando il ghiaccio più antico e puro, il ghiaccio nero (black ice), quello incontaminato” raccontato Malik V. Rasmussen, co-fondatore di Arctic Ice. Un ghiaccio talmente puro da sembrare un diamante lavorato, quasi trasparente. Questo viene caricato su una nave con una gru, tagliato in pezzi più piccoli e imballato in casse isolanti.

Un campione di ogni iceberg viene testato in laboratorio, per assicurarsi che non siano presenti microrganismi o batteri. Il ghiaccio viene poi spedito dalla Groenlandia a Dubai, prima a bordo di una delle navi mercantili quasi vuote, che tornano in Europa dopo aver lasciato i prodotti in Groenlandia, poi su una seconda nave a Dubai, dove viene rimballato e venduto. Le critiche sui social rivolte a Rasmussen e alla sua società non si sono fatte attendere: “Non dovresti preoccuparti degli effetti del riscaldamento globale, piuttosto che vendere l’acqua dei ghiacciai?”. Ma il diretto interessato respinge le accuse: “Aiutare la Groenlandia nella sua transizione verde è un obiettivo primario per la nostra azienda, ma potremmo non averlo ancora comunicato abbastanza bene”. Artic Ice sostiene, infatti, che il suo ghiaccio è rispettoso dell’ambiente e che esiste un forte impegno nel diventare completamente carbon neutral attraverso la cattura e lo stoccaggio del carbonio, o attraverso tecnologie emergenti che assorbono CO2.

Ok, è vero, se ne sentono di peggiori. Anche perché, a ben pensarci, spostare ghiaccio e neve da un luogo all’altro non è cosa nuova, lo facevano anche gli Egizi, i Persiani, i Romani e i Cinesi, che li prendevano e conservavano anche a lungo senza frigoriferi. Ma la situazione dei ghiacciai della Groenlandia è esplosiva, anzi, “implosiva”, perché la loro fusione è una crescente fonte di acqua dolce per l’Atlantico settentrionale, tanto che – secondo gli scienziati del National Oceanography Centre (NOC) di Southampton, UK – potrebbe interrompere la normale circolazione oceanica, influenzando il clima globale, che già non se la passa bene. Per i più critici, è uno spreco spedire un prodotto per migliaia di miglia su navi alimentate a combustibili fossili quando Dubai produce già il proprio ghiaccio. Anche perché la maggioranza delle persone non si chiede mai la provenienza del ghiaccio che si trova nel bicchiere. La verità è che questo si è trasformato in un vero e proprio affare. Nel 2022 il mercato dei cubetti, dei blocchi e del ghiaccio tritato valeva più di 5 miliardi di dollari. Oggi anche di più. “Lo inserirei nella categoria degli espedienti ad alto dispendio energetico che piacciono agli individui ultra-ricchi”, ha dichiarato alla CNN Jennifer Francis, scienziata del Woodwell Climate Research Center. “Scommetto che nessuno potrebbe distinguere la differenza di gusto tra il ghiaccio del ghiacciaio e quello non del ghiacciaio”. Come darle torto. Eppure, qualche vantaggio esiste, anche per il consumatore finale. Il ghiaccio dell’antico ghiacciaio ha poco o nessun sapore, il che significa che non influenza le bevande mentre si scioglie, a differenza del ghiaccio prodotto con l’acqua del rubinetto o l’acqua minerale. Anche la sua struttura più densa gli permette di sciogliersi più lentamente. Un altro vantaggio di questo business è quello della sensibilizzazione verso i ghiacciai. “Dare alle persone l’opportunità di assaggiare il ghiaccio, che non è mai stato inquinato dall’uomo, può creare maggiore consapevolezza sull’Artico e sui ghiacciai vulnerabili” aggiunge Francis. Non da ultimo c’è da pensare che la Groenlandia (dipendente economicamente per il 55% del suo budget dalla Danimarca) vive di turismo e pesca e di poco altro. I blocchi di ghiaccio che si staccano dai ghiacciai sono ormai all’ordine del giorno, invece di lasciarli sciogliere in mare (con le conseguenze di cui sopra), tanto vale recuperarli per ritrovarseli in un long drink da sorseggiare in mezzo al deserto di Dubai. Un’immagine distopica, che non ha bisogno di didascalia, ma se la speranza è l’ultima a morire, magari un giorno i groenlandesi, invece di andare a pescare, andranno a caccia di ghiaccio, ricavandone beneficio per sé e per tutta la comunità. È la globalizzazione, bellezza.